Pastorale americana di Philip Roth, edizioni Einaudi
“Un tacchino colossale per duecentocinquanta milioni di persone, un tacchino colossale che le sazia tutte (..) Una moratoria su ogni doglianza e risentimento (…) per tutti coloro che, in America, diffidano l’uno dell’altro. È la pastorale americana per eccellenza e dura ventiquattro ore.”
L’America di Roth è rappresentata come un grande tacchino che riunisce sotto la sua bandiera gli eredi dei pionieri invasori e di tutti i successivi immigrati di ogni etnia. Tutti radunati sotto il simbolo del sogno americano, del diritto alla felicità e del dovere etico di accumulare ricchezza di generazione in generazione.
Lo svedese
Nathan Zuckerman, una sorta di alter ego dell’autore, racconta della vita di Seymour Levov, detto lo svedese, iniziando dall’adolescenza e di quando lo conobbe al college. Lo svedese era un mito della scuola, bravo in tutti gli sport, amato da tutti, sposerà una reginetta di bellezza e porterà avanti la fabbrica di guanti del padre. Tutto sembra perfetto nella sua vita eppure c’è qualcosa che lo tormenta: la figlia ribelle Merry. Non le basta aderire ai movimenti di protesta contro la guerra del Vietnam e passa ai fatti diventando una terrorista per poi finire i suoi giorni vivendo, per scelta, in povertà assoluta.
Zuckerman immagina i tormenti dello svedese che vede la sua vita perfetta andare in frantumi per colpa di quella figlia troppo amata e troppo bizzarra. Quella figlia che tradisce il mito americano incarnato da lui e da suo padre. La famiglia si sgretola e lo svedese tenterà di ricominciare con una nuova moglie. Ma l’attenzione di Nathan è tutta incentrata sul dramma familiare che stravolge la vita di Seymour. Tutto ruota attorno alla sua idea di felicità e di realizzazione che viene brutalmente annichilita dal comportamento della figlia. Tutti i tentativi di spiegare o giustificare si avvitano su se stessi finendo con il diventare una vera e propria ossessione.
Cercando l’America
Sullo sfondo la grande America travolta dai disordini razziali, dalla guerra del Vietnam e dallo scandalo Watergate. È un’America che annaspa, che non riesce a uscire dal pantano di violenza e diseguaglianza in cui è precipitata. La parabola di Seymour è la stessa del paese in cui vive. Un paese che ha accolto degli immigrati dando loro una possibilità di riscatto ma dove si sono create a poco a poco fratture sociali insanabili che covano per poi esplodere all’improvviso. E così è la vita dello svedese che passa da un’apparente perfezione a un totale ed evidente sfacelo perché un malessere covava al suo interno, non percepito, non capito.
E tutto inizia e finisce con un colossale tacchino simbolo di un sogno infranto e di un’unità apparente che nasconde al suo interno profonde diseguaglianze sociali. L’ossessione di Seymour è l’ossessione della borghesia americana che non capisce i drammi che la affliggono e li derubrica come inevitabili danni collaterali nella sacrosanta e spasmodica ricerca di un’infinita ricchezza e di una improbabile felicità.