Marea tossica di Michele Catozzi, Tea editore
L’inverno a Venezia, si sa, è fatto di nebbia e di freddo e ti dà quella sensazione di umidità che ti arriva fin dentro alle ossa. E proprio in una gelida mattina di gennaio il commissario Aldani lascia il suo ufficio veneziano, non tropo caldo a dire il vero, per recarsi al Petrolchimico di Marghera. Lì, in un’area dismessa da bonificare, è stato ritrovato un cadavere. Per Aldani è un tuffo nel passato perché alla Breda ha lavorato il padre. E il commissario ha letto e riletto tutti i faldoni dei mille processi che hanno tentato di fare luce e giustizia sulle vittime del lavoro. Perché il Petrolchimico ha ucciso, lentamente, tante, troppe persone, intossicandole giorno dopo giorno e i responsabili il più delle volte non sono stati ufficialmente trovati. Così Aldani inizia a indagare, con la sua fida squadra composta da Manin e Zurlini a cui si è aggiunto Borella. Le informazioni sono poche ma saranno l’intuito e la perseveranza del commissario che permetteranno di trovare il filo rosso che raccorda l’omicidio a uno strano incidente in laguna occorso pochi mesi prima. E tutto sembra ricondurre a Marghera, ai suoi fantasmi e ai suoi fumi tossici, tra tentativi di insabbiamento e infiltrazioni mafiose nelle aziende interessate allo smaltimento dei rifiuti. Ma quale sarà la strada giusta e chi il vero colpevole?
Tra finzione e realtà
Sotto forma di poliziesco Catozzi racconta la storia di Porto Marghera e del Petrolchimico e della scia di morti, quelli purtroppo veri, che la costellano. Le lotte operaie, le contestazioni, poi la crisi e la chiusura di gran parte del comparto produttivo, l’abbattimento delle iconiche torri. Decenni che hanno visto lavorare all’interno del complesso migliaia di operai in condizioni di totale insicurezza. Ci racconta di un avvelenamento lento dei lavoratori e di un’intera città, del mito dell’eterno progresso che si scontra con la realtà dei costi umani da pagare.
Catozzi ricostruisce con pazienza un mosaico tristemente noto ai Veneziani, o perlomeno ai Veneziani non più giovani. Le atmosfere di Marghera sono rese con efficacia, quelle del centro storico lagunare sono tratteggiate ed evocate: tramonti, romantiche altane sui tetti, l’odore del salso…
Un Montalbano lagunare
Catozzi è un Montalbano lagunare, di poche parole, che ama il buon mangiare, il buon bere e il caffè, sempre in rapporti conflittuali con i superiori e pronto a sfruttare le sue amicizie nella carta stampata per tendere trappole ai colpevoli.
Lo stile è scorrevole e il libro si legge facilmente anche se appesantito da una lunghezza eccessiva. Ma forse questo è un mio problema. Fatico a sopportare polizieschi e thriller oltre le trecento pagine. Ritengo che sia estremamente difficile tenere il lettore incollato e in tensione per centinaia di facciate e molte volte l’autore finisce con lo sbrodolare il contenuto e ritardare il finale senza una giustificazione dal punto di vista narrativo. Ma questa, appunto, è solo la mia visione personale.