L’isola dei senza memoria di Yoko Ogawa, edizioni il Saggiatore
In qualche tempo, in qualche luogo, come iniziano le fiabe russe, c’era un’isola. Quest’isola ha una particolarità: i suoi abitanti perdono progressivamente la memoria delle cose. Capita che un giorno, all’improvviso, qualcosa scompaia. Oggi le caramelle zuccherine, domani un carillon, tra un mese il traghetto e poi le rose, i frutti di bosco, le fotografie, gli uccelli, i libri, i corpi. Tutto ciò che è legato a uno degli elementi che scompare dev’essere bruciato o eliminato. Il grande falò dei libri è il culmine che sancisce la fine dell’isola. Chi non riesce a dimenticare e a sottostare alla dittatura della scomparsa viene perseguitato dalla polizia segreta. Chi può si nasconde assieme agli oggetti più cari.
La protagonista del romanzo è un giovane scrittrice che affronta passo dopo passo la sparizione del proprio mondo e della propria corporeità. Accanto a lei, il “nonno” un anziano che era stato il tuttofare dei genitori e che le è rimasto vicino, anello di congiunzione con un passato che non ritorna. E poi c’è R. l’editore che la protagonista nasconde in una stanza segreta per proteggerlo dalla polizia. R. infatti è uno dei pochi che non riesce a dimenticare gli oggetti e le loro funzioni. E così era la madre della protagonista, uccisa dalla polizia quindici anni prima. La donna era però riuscita a salvare, inglobandoli nelle proprie sculture, alcuni oggetti. La scrittrice li ritrova e il suo editore le spiega a cosa servivano. Quando poi spariscono i libri e i romanzi, la scrittrice perde la capacità di elaborazione di un testo. Decretata la scomparsa dell’oggetto ne scompare anche l’idea dalla mente degli individui e la capacità di pensarla. E così la giovane si blocca e il romanzo, parola ormai impronunciabile, su cui stava lavorando resta a metà. Dietro l’insistenza dell’editore riprenderà a scrivere e a poco a poco le parole fluiranno fino al finale in cui racconto e vita si uniscono per dissolversi assieme.
Memoria e realtà
La memoria è il fulcro della narrazione. Il suo dissolversi per volontà di un potere che decreta cosa ricordare e cosa dimenticare. Ma pezzo dopo pezzo rimuovere i concetti a comando porta a una dissoluzione totale della mente e del corpo. L’uomo non è più in grado di riconoscersi e di riflettere su se stesso e sul mondo e cessa semplicemente di esistere. Oggetto e realtà: chi ha la precedenza? Estirpare i pensieri determina la fine delle cose o la distruzione delle cose annienta l’esistenza delle idee? Cosa lega tra loro pensiero e realtà e chi influenza chi? Domanda epocale che turba le notti, e non solo, dei filosofi occidentali.
Il risultato è comunque è, in questa inquietante distopia, che i soli sopravvissuti sono coloro che non dimenticano e che resistono ai soprusi del potere e alle sue intimidazioni. Sopravvive chi ha memoria di sé e del mondo, chi conosce. Costui avrà il compito di ricostruire faticosamente quella realtà che una stolta dittatura ha voluto, senza successo, rimuovere.