La Santuzza è una rosa di Giuseppina Torregrossa, Feltrinelli editore
Nel 1600 i vicoli di Palermo non sono un posto facile in cui vivere. Lo sa bene Viciuzza, una adolescente che vive in una sordida stanza con la madre prostituta. Viciuzza è maltrattata dalla madre che per la sua ingenuità la chiama “babbasuna”, tontolona. Non esce quasi mai di casa e non ha amici. Solo Rosalia, una ragazzina come lei, ogni tanto viene a farle visita e la consola. E Rosalia le sarà sempre vicina, soprattutto nei momenti di difficoltà. La vita di Viciuzza subirà una svolta imprevista a causa di una gravidanza non voluta causata da una violenza. Lei e la figlia entreranno prima in un istituto religioso e poi saranno “adottate” da una ricca famiglia palermitana. Viciuzza cambierà completamente nell’aspetto e nel parlare diventando una donna decisa e consapevole.
Nel frattempo il gesuita padre Crescini sta cercando di ricostruire la biografia di santa Rosalia che le permetta di diventare la nuova patrona di Palermo. Gli altri patroni infatti non avevano origini siciliane e non sembravano adatti alla pietà popolare. Per rendere più efficace la sua “ideuzza” chiede al pittore fiammingo in ascesa Van Dyck di eseguire un ritratto della Santa.
La peste del 1624 sorprende la città e l’invocazione corale a santa Rosalia sarà il punto di svolta.
La rivincita delle donne
L’autrice compone un affresco della vita palermitana seicentesca. Tra vicoli sporchi e maleodoranti, prostitute, sordidi traffici spunta un fiore. Viciuzza è il simbolo delle donne che acquisiscono consapevolezza di sé e non accettano più di rimanere in disparte. Santa Rosalia è la loro santa, una giovanissima che si oppone al potere rifiutando il matrimonio imposto e scegliendo di vivere da eremita rappresenta bene la volontà delle donne di uscire dagli schemi di dominio maschile e di rivendicare la propria indipendenza.
Una storia di donne dunque, di Vincenza e Rosalia, delle due suore affettuose e pasticcione Mano destra e Mano sinistra, ma anche della colta pittrice Sofonisba Anguissola, personaggio realmente vissuto.
E poi ci sono gli uomini di potere, primo fra tutti padre Cascini. È un mondo fatto di politica, intrighi e menzogne che si contrappone a quello femminile e alla rete di sentimenti e di spontaneità che lo contraddistingue.
Palermo è sullo sfondo, città dalle mille luci e ombre, allora come oggi. Il grido delle donne che chiedono libertà e invocano santa Rosalia è un grido di speranza. Solo la consapevolezza e l’unione di tante voci diverse può aiutare tutta la società a superare la “peste” e a rifondare un nuovo mondo più libero e giusto. Perché la peste, in Torregrossa come in Manzoni, ha mille significati. È un male oscuro che affligge il corpo, ma molto più spesso l’anima.
Un romanzo storico dalla scrittura sciolta e ironica che riesce a far riflettere su passato e presente con sapiente leggerezza.