La biblioteca scomparsa di Luciano Canfora, Sellerio editore
Può un saggio appassionare come un giallo? Sì se a scriverlo è uno dei più grandi studiosi della classicità.
In questo libro Canfora ripercorre la storia della celebre biblioteca di Alessandria.
Tutto inizia con il racconto di Ecateo di Abdera che giunge in Egitto sotto il regno di Tolomeo Soter e riporta l’enigmatica frase incisa sulla base dell’enorme statua di Ramsete II posta all’ingresso del suo mausoleo:
«Se qualcuno vuole conoscere quanto grande io sia e dove io mi trovi, superi una delle mie opere».
E proprio dall’interno di questo mausoleo inizia la ricostruzione di Canfora che ricostruisce il senso delle parole di Ecateo, così come le riporta Diodoro Siculo.
Una lunga storia
Alessandria città leggendaria voluta da Alessandro Magno con una reggia che si espandeva e si arricchiva di sovrano in sovrano. Fra le sue ricchezze vi erano i libri regi, collezioni ampliate nel corso degli anni con l’ambizione di raccogliere gli scritti di tutti i popoli della terra. Qui giungevano libri da ogni angolo delle nazioni conosciute, qui i copisti riproducevano i rotoli che si trovavano sulle navi in scalo nel porto. Settecentomila pare fossero prima dell’incendio che la distrusse.
Demetrio, allievo di Aristotele, giunge da Atene ad Alessandria per diventare istitutore del figlio di Tolomeo e plenipotenziario della favolosa biblioteca. Il sovrano era orgoglioso della biblioteca e ansiosa di ampliarla con opere di ogni tipo, dalla filosofia alla scienza alla poesia e alla religione. Quel che era scritto in altre lingue veniva tradotto in greco, come avvenne per i testi ebraici che videro all’opera settantadue sapienti.
Volti noti
Molti sono i personaggi che ruotano attorno alla biblioteca e alle sue collezioni, fra questi Neleo di Scepsi, l’ultimo allievo di Aristotele e custode dei suoi papiri o Aristea che propone la traduzione della legge ebraica.
La biblioteca si riempie di originali e di copie trascritte e talvolta corrette arbitrariamente dai copisti. Più i rotoli aumentavano e più si rendeva necessaria una catalogazione. Callimaco con i suoi Cataloghi tentò di individuarne i settori principali suddividendoli per generi.
Nel frattempo l’dea di una collezione dello scibile umano aveva visto sorgere una rivale di Alessandria: la biblioteca di Pergamo. Demostene e Aristotele sono i due autori più gettonati e le biblioteche rivali se li contendono talvolta a suon di falsi e talvolta nascondendo i preziosi originali. Con la fine di Pergamo, che diviene provincia romana d’Asia, i tesori della biblioteca finiscono in buona parte ai romani.
Anche Diodoro compie le sue ricerche ad Alessandria per la stesura della sua opera storiografica di quarantadue rotoli. Ma dove si trovava questa biblioteca? Nel Museo o nel Serapide?
E intanto arriviamo a Cesare e alla bella Cleopatra. È davvero Cesare il colpevole del primo incendio della Biblioteca? Dalla ricostruzione storica di Canfora attraverso Cesare stesso, Lucano, Dione Cassio, Orosio e Tito Livio parrebbe di no. Quel che andò in fumo al porto non erano i preziosi rotoli regi ma libri mercanzia che aspettavano nei magazzini di essere trasportati altrove in un numero di circa quarantamila.
La storia continua con Antonio e poi Ottaviano che governano l’Egitto mentre nuovi studiosi visitano la biblioteca da Strabone a Didimo. E proprio Strabone descrive minuziosamente il Museo, ma non la biblioteca per la semplice ragione che non era un edificio o una sala a sé. La chiave per Canfora è nella tomba di Ramsete e il lettore curioso scoprirà perché.
Il sapere in fumo
Il capitolo conclusivo è un dialogo tra Giovanni Filopono e l’emiro Anr ibn al-As che nel 640 deve decidere della sorte della biblioteca. La decisione fu la peggiore: bruciare tutti i rotoli.
Non possono infine mancare le fonti storiche che corroborano le tesi del libro.
Classicità, archeologia, storia antica si intersecano in un appassionante viaggio nel mondo della cultura di ieri e fatalmente anche di oggi.