Il rosmarino non capisce l’inverno di Matteo Bussola, Einaudi editore
Le donne sono le protagoniste di questo romanzo. Donne che, attraverso la voce dell’autore, si raccontano.
Ed è proprio la voce dell’autore che risuona forte e chiara nei loro “autoritratti”. I personaggi infatti sono tra loro diversi eppure tutti eguali, una sorta di coro monocorde in cui tutto si uniforma e si confonde.
Margherita, Sara, Martina, Aika, Daisy e le altre vivono tutte storie simili, sono donne che affrontano malattie fisiche o spirituali cercando di resistere con tenacia.
C’è un insistere sulla resilienza femminile che le condanna a vivere una vita di subalternità e a nuotare perennemente contro corrente per farsi valere. Famiglia, partner, scuola, lavoro, società, l’Universo nella sua interezza sembra remare contro la donna-rosmarino che nonostante tutto sopravvive con la sua tenacia e la sua caparbietà.
Le storie sono raccontate in prima persona dalle protagoniste e sono per lo più incentrate sull’amore coniugato nelle sue mille accezioni. Figlie, madri, amanti, amiche tutte accomunate da un senso di inadeguatezza, di tristezza, di occasioni perdute. Le trame delle loro storie si intrecciano e in diversi racconti cogliamo i differenti punti di vista di ciascuna riguardo a uno stesso evento.
Non sono un rosmarino
Francamente non mi riconosco nei ritratti di Bussola e non riconosco buona parte delle donne, non solo della mia generazione ma anche di quelle passate.
L’autore ricade nel cliché della donna prigioniera di una società che la relega in secondo piano e la soffoca creando una catena di racconti lacrimevoli di donne sfortunate che lottano per vivere. Ma la fatica del vivere non è solo donna… Si potrebbero scrivere altrettanti racconti di uomini soggiogati da famiglia, società, amicizie e costretti a vivere in un modo e in un mondo che non li soddisfa, rispettando ruoli artificialmente imposti.
Come suggerisce Edoardo Bennato ne La Fata sarebbe ora di mettere fine tanto alla santificazione quanto alla demonizzazione della donna. Smettere di compatirla come eterna vittima da un lato e smettere di criticarne la libertà dall’altro. Non ci sarà mai vera eguaglianza sino a che ci saranno dei distinguo, sino a che la donna continuerà a essere vista come un soggetto debole. E questo vale anche per tutte le comunità che lottano per i loro diritti in campo sessuale, religioso o etnico.
Dal mio personale punto di vista credo che ci sarà vera eguaglianza quando si potrà dare dell’idiot* a qualcuno in virtù del suo comportamento come singolo e non della sua appartenenza a un gruppo. Perché poi di idiot* ne esistono in tutte le categorie ed essere liberi di dirlo sarebbe un grande passo per l’umanità. Non c’è immunità all’idiozia e il fatto di appartenere a una qualsivoglia minoranza non è assolutorio.
Detto questo concludo rimarcando che non mi identifico in una pianta di rosmarino.