Il giardino dei ciliegi di Anton Pavlovič Čechov, edizioni Einaudi
Ljuba, dopo un lungo soggiorno a Parigi, torna in Russia nella proprietà di famiglia. Ha con sé la figlia Anja, e i servitori Charlotta e Jaša. Al suo arrivo nella villa di campagna viene accolta dal fratello Leonid, dalla figlia adottiva Varja e dall’amico di famiglia Lopachin. Nella villa vivono anche la governante Dunjaša, il goffo contabile Epichodov e il vecchio servitore Firs. Sii aggiunge alla compagnia il giovane Trofimov, che era stato tutore del figlio di Ljuba, Griša, morto in un incidente. Lopachin informa Ljuba e il fratello che la proprietà andrà all’asta per ripagare i debiti. La sua proposta, per evitare il disastro, è di abbattere i ciliegi, dividere la proprietà in più parti e costruire villette da affittare ai villeggianti che desiderano respirare l’aria di campagna in estate. I due però non sono d’accordo perché il giardino è legato ai ricordi dell’infanzia e della famiglia. La stagione estiva incalza e anche la data dell’asta. Eppure tutti sembrano pensare ad altro, occupati in flirt e progetti di matrimoni di convenienza. Giunge così la fatidica data e non riuscendo a trovare i soldi per l’acquisto, la proprietà passa di mano. L’acquirente è Lopachin che può finalmente attuare il suo piano di lottizzazione. Con un grande e triste addio si conclude la vicenda accompagnata dal suono dell’ascia che abbatte i primi alberi. Nella villa rimane solo il vecchio e malato Firs, dimenticato da tutti.
Il giardino come metafora
Ultimo e sofferto lavoro di Čechov, Il giardino dei ciliegi è l’istantanea di un mondo in rapida trasformazione. Quello che Mann racconta in 800 pagine nei Buddenbrook, Čechov lo riesce ad affrescare nella sua breve e intensa opera teatrale.
Il giardino racconta di una nuova società, di una nobiltà al tramonto e di una borghesia in lenta inesorabile ascesa. Anche nella Russia arretrata i cambiamenti iniziavano a farsi sentire, pur non raggiungendo la forza di quelli dell’Europa centrale. L’emancipazione della servitù del 1861 aveva segnato una piccola ma decisiva svolta verso una radicale trasformazione della società. Il vecchio Firs rappresenta l’anello di congiunzione tra due ere ed è simbolico che nel finale venga lasciato solo nella villa, un oggetto senza importanza dimenticato.
I protagonisti sono tutti presi dai loro sentimenti, chi di amore, chi di avidità, persi tra sogni romantici e intellettualismi, oppure sin troppo attenti alla natura concreta degli affari. La superficialità li accomuna, la mancanza di una visione del futuro che non sia legata ai loro piccoli e personali interessi.
Sullo sfondo lo splendido giardino dei ciliegi, teatro di vite e storie quotidiane che ha visto generazioni venire e andare. Sopravvissuto a intemperie e gelate non sopravvivrà alla brama di ricchezza e sarà la prima e non ultima vittima di un affarismo scellerato.