Gaza, La scorta mediatica
Gaza, La scorta mediatica

Gaza, La scorta mediatica

Gaza, La scorta mediatica di Raffaele Oriani, edizioni People

Gaza, La scorta mediaticaRaffaele Oriani è un giornalista professionista, firma del Corriere e la Repubblica. Oriani ha deciso di dire basta ai racconti faziosi su quel che avviene nella guerra in Medio Oriente. Con una lettera alla redazione alcuni mesi fa spiegava perché ha deciso di dimettersi e in questo libro illustra con chiarezza le sue ineccepibili motivazioni.

La scelta del titolo Scorta mediatica ha una precisa ragione. Normalmente il suo significato è di protezione di persone a rischio di violenza da parte di gruppi criminali. Tenere alta l’attenzione del pubblico significa in qualche modo proteggere vittime o potenziali vittime. Nel caso della guerra in Palestina invece la “scorta mediatica” assume tutt’altro senso. È una scorta che invita al silenzio su una parte del conflitto e ne enfatizza un’altra. Tutti i media sono impegnati in una narrazione parziale degli avvenimenti nel tentativo di influenzare l’opinione pubblica. Tentativo non troppo riuscito se, come afferma Oriani, molte sono state le dimostrazioni di solidarietà al suo gesto in tutti i social.

Una riflessione sui mezzi di comunicazione di massa

Leggere questo libro invita a riflettere sul ruolo dei mezzi di comunicazione di massa nella società. E soprattutto a riflettere su chi li muove. Il fatto che tutti all’unisono abbiamo la stessa linea di comportamento non è normale.

E quel che rende il fatto ancora più evidente e sconcertante è la differenza di toni tra le due atroci guerre in corso, quella in Ucraina e quella in Palestina. Se nella prima c’è partecipazione emotiva verso le vittime, nella seconda vengono snocciolati numeri di anonimi morti, senza volto e senza storia.

“Notizie che, se addebitabili alle armate di Putin, avrebbero animato per giorni racconti e commenti di giornali e telegiornali ora – in Medio Oriente – vengono relegate in posizioni al limite dell’invisibilità.”

“Attorno all’invasione dell’Ucraina si è costruita da subito una narrazione a fortissima impronta etica…. È sorprendente che di fronte allo sterminio dei palestinesi a Gaza, a una mattanza di bambini che solo nei primi cento giorni ha superato di quaranta volte quella ucraina, quest’arsenale comunicativo sia rimasto completamente inutilizzato.”

In Medio Oriente si assiste a una narrazione davvero particolare attuata soprattutto attraverso il linguaggio che enfatizza da una parte e smorza dall’altra: da un lato ci sono coloro che vengono uccisi, dall’altro dei semplici morti; da un lato ci sono massacri e carneficine, dall’altro danni collaterali a una giusta e inevitabile vendetta; da un lato c’è chi ha subito una strage, dall’altro chi vive un dramma; da un lato mille persone trucidate, dall’altro una reazione che ha provocato quarantamila morti. Il bombardamento sistematico di scuole, ospedali, università, la fame e le malattie indotte sono passati sotto silenzio o meglio si vuol far passare l’idea che l’intera popolazione di Gaza sia un’infrastruttura terroristica e come tale meritevole di essere annientata.

“Non è esagerato dire che sono state le bombe a sterminare la popolazione di Gaza, ma è stato soprattutto il linguaggio a impedire che risuonasse forte, chiaro e assordante l’allarme che avrebbe potuto fermarle.”

Per quanto si possano avere opinioni diverse su quel che sta accadendo credo che sulle osservazioni riportate in questo libro ci siano degli spunti di riflessione per tutti.

Altre voci

Oriani cita quindi molte voci importanti di dissenso che sono considerate marginali dai media eppure hanno un peso morale straordinario, da Edgar Morin a Moni Ovadia, Raz Segal, Jonathan Glazer, Barry Trachtenberg e, aggiungo io, Papa Francesco.

Ma la frase che più dovrebbe farci riflettere è quella del pastore luterano di Betlemme Munther Isaac che nella predica del Natale 2023 disse: “Noi palestinesi ci risolleveremo, l’abbiamo sempre fatto, anche se questa volta sarà più difficile, Non so voi però, voi che siete rimasti a guardare mentre ci sterminavano. Non so se potrete mai risollevarvi.

Parole come macigni che dovrebbero sconvolgere le coscienze addormentate di noi occidentali. Perché se fino ai massacri del Novecento qualcuno poteva tirarsi fuori dicendo “non sapevo”, adesso quel che accade è sotto gli occhi di tutti e tacere significa essere complici. Cosa diranno di noi i nostri posteri? Come giudicheranno la nostra ignavia?

Parafrasando De André: Per quanto noi ci riteniamo assolti, siamo per sempre coinvolti.