Cronorifugio di Georgi Gospodinov, Voland Edizioni
Chi è Gaustin il bizzarro personaggio che vive nel passato e predilige il 1939, un attimo prima dello scoppio della guerra? Il narratore ci racconta del suo incontro e della sua amicizia con questo strano manipolatore del tempo. L’idea che lo avvince è quella di creare un rifugio temporale per chi sta perdendo la memoria o per chi ha nostalgia del passato. La sua prima creazione è una clinica del tempo a Zurigo. Ogni stanza rappresenta un decennio diverso del 1900. Gli anni ’60 e ’80 sono i più gettonati, ma non solo. L’esperimento ha successo e presto Gaustin lo rinnova nel suo paese natale, la Bulgaria. E addirittura lo amplia creando veri e propri quartieri in cui la vita ritorna a un periodo preciso del secolo scorso, con tanto di replica di oggetti e giornali del tempo. E in un’epoca di confusione e instabilità il progetto ha un successo enorme tanto che in tutta Europa si decide con referendum nazionali a quale periodo storico ciascuno Stato vuole tornare. E mentre si pensa a che svolta imprimere alla memoria collettiva, la memoria del narratore si dissolve, i ricordi si affievoliscono fino alla dissoluzione totale. Ma l’incontro con Gaustin era davvero avvenuto o era solo un parto della mente del narratore? Al lettore la decisione.
Ritorno al passato
Che dire? siamo di fronte a un libro particolare, per argomento e per struttura. La trama non è lineare e avvolge il lettore in una spirale del tempo che passa e ritorna in un ciclo senza fine. Come la memoria del singolo si scioglie progressivamente nell’Alzheimer, così nel testo dell’autore bulgaro quella della società subisce revanscismi nostalgici. Bulgaria ed Europa sono il teatro dello stravagante esperimento di Gaustin. La paura per il futuro trascina le masse verso un ritorno al passato, al momento in cui si pensava che la crescita fosse infinita, che il benessere per tutti fosse alle porte. Rifiutare il futuro e il reale per chiudersi nel mondo di ieri ricostruito e fittizio dà una parvenza di felicità e sicurezza. Chi perde progressivamente la memoria si rifugia nei ricordi, ci si aggrappa con la forza e la disperazione dell’alpinista in bilico su uno strapiombo.
Angelus novus
L’oggi si deteriora e si sgretolano i giorni, i domani non ci sono più. Si può solo guardare indietro come nella celebre descrizione di Benjamin dell’Angeus Novus di Klee, citato da Gospodinov.
C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradio, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta. (Walter Benjamin, Angelus Novus)
Qui non è più solo il singolo ma tutta la società a voler tornare a un tempo passato in cui si sentiva felice, o meglio in cui adesso ritiene di essere stato felice. Forse perché era il periodo della giovinezza, forse perché la complessità era minore, forse perché la nostalgia di quel che è già stato ha un profumo più seducente di quel che sarà e che non conosciamo ancora. Per Gaustin viviamo in un mondo arrivato a fine corsa che può solo riavvolgere la bobina dei ricordi e rivivere alcuni attimi prima dell’oblio. E forse non ha tutti i torti…