Tutta brava gente
Tutta brava gente

Tutta brava gente

Tutta brava gente di Ashley Flowers, Baldini&Castoldi editore

Tutta brava genteMargot Davies è una giovane giornalista e si appresta a ritornare a Wakarusa, il piccolo paese dell’Indiana in cui è nata. Il motivo del suo rientro è dare assistenza allo zio Luke, rimasto vedovo e affetto da un’incipiente demenza. È molto legata allo zio che la ha cresciuta e ha rappresentato per lei la vera famiglia. Presto Margot si rende conto che la situazione non è rosea: i vuoti di memoria dello zio sono preoccupanti e dargli una mano rischia di farle perdere tempo prezioso per il lavoro.

La ragazza ha un ricordo indelebile legato alla scomparsa e alla morte di una sua amica di infanzia. La piccola January è morta a soli sei anni e nessuno ha mai scoperto l’assassino. Margot ha associato quel caso alla scomparsa di un’altra bambina, Polly, avvenuta anni or sono. Sulle somiglianze dei due casi aveva cercato di preparare un articolo rifiutato dalla redazione. E adesso che un’altra bambina è appena scomparsa a pochi chilometri da Wakarusa, Margot di nuovo vede un collegamento fra tutti e tre gli eventi. Questa volta però la redazione non solo rifiuta il pezzo ma la licenzia. Eppure la ragazza sa che c’è un unico filo che unisce la sorte di tutte queste bambine. Sempre più decisa a indagare si ritroverà a scoperchiare un vespaio fatto di bugie e segreti che coinvolgono tanti dei suoi conoscenti.

Elementi positivi

Il libro parte da una trama non originalissima, il solito serial killer di bambine che la polizia neppure sospetta e solo l’investigatrice occasionale riesce a scoprire. La narrazione però è condotta con un certo garbo e il lettore è incuriosito dalle ricerche di Margot e aspetta di sapere quale sarà la conclusione e chi è il vero colpevole. Anche le false piste hanno una loro consistenza e la scoperta finale del vero assassino non è pensata male.

L’ambientazione è quella tipica della provincia americana, bigotta e pettegola dove tutti si conoscono e si giudicano.

I personaggi hanno una loro sostanza, solo Jodie salta fuori un po’ come un deus ex-machina per risolvere alcuni punti che sarebbero altrimenti rimasti oscuri.

Contrariamente alla demenza di Teresa Battaglia dei romanzi della Tuti, quella di Luke è raccontata in modo più credibile. I momenti di vuoto, gli scatti d’ira, l’aprassia hanno dei contorni molto più realistici.

Un finale stiracchiato

Quello che non convince del tutto invece è il finale. Un finale aperto dove la scoperta dell’assassino da parte di Margot si conclude con uno scontro di cui non si conosce l’esito ma solo la volontà della ragazza di sopravvivere.

E nella confessione finale del colpevole ci sono svariate incongruenze nelle tempistiche e nelle modalità e non tutti i tasselli sembrano incastrarsi perfettamente.

Sembra quasi che per sorprendere il lettore con la scelta del meno sospettato, sia stata forzatamente creata una soluzione cucendola al momento con un vestito però che non è della misura giusta.

Peccato perché nell’insieme il libro non aveva particolari pecche.