Buonvino e il circo insanguinato
Buonvino e il circo insanguinato

Buonvino e il circo insanguinato

Buonvino e il circo insanguinato, Marsilio editore

Buonvino e il circo insanguinatoQuinta indagine per il commissario Buovino responsabile del commissariato di Villa Borghese. E proprio al Parco dei Daini, nel suo territorio, accade un fatto strano. Il circo è appena arrivato per le festività natalizie e Buonvino con moglie e amici è presente alla prima serata.

Tutto sembra procedere secondo i canoni delle rappresentazioni circensi ma qualcosa all’improvviso cambia il corso dell’evento. Lo spettacolo clou, quello dei trapezisti, si trasforma in tragedia. La giovane trapezista che doveva esibirsi in un esercizio particolarmente difficile sbaglia i tempi, o forse li sbaglia il suo partner. Il risultato è che la ragazza cade sulla rete di protezione andando a sbattere la testa sulla sbarra di sostegno. La giovane muore sotto gli occhi degli spettatori e di Buonvino.

Tutto farebbe pensare a un incidente, purtroppo sempre in agguato. Eppure il sesto senso di Buonvino è in allarme e decide di approfondire l’accaduto. Scopre così che la madre della ragazza, la contabile del circo, era morta in un incidente pochi mesi prima.

Ma quel che più lo lascia perplesso sono le mille beghe che intercorrono tra i componenti della squadra circense. Se in apparenza tutto sembra perfetto, in realtà dietro le quinte serpeggiano malumore, invidie, rancori e pettegolezzi. E se fosse da cercare proprio lì la causa dei tragici incidenti?

Circo che passione

Ritroviamo al solito Buonvino con i suoi fedeli aiutanti che abbiamo imparato a conoscere nelle avventure precedenti. Nulla di nuovo rispetto allo stile di Veltroni, sciolto, talvolta un po’ aulico ma nel complesso scorrevole. Ed anche questa volta abbondano le citazioni cinematografiche, in particolare di Totò, Chaplin e Fellini, che fanno da simpatico accompagnamento all’evolversi delle indagini.

Roma è poco presente, tutta la scena è rubata dal circo, dallo stile di vita e dalle routine dei lavoratori circensi. Una lunga parentesi è aperta sul mondo dei clown e sulla paura che spesso sembrano incutere negli spettatori. In quei visi carichi di biacca e rosso carminio e in quelle parrucche colorate si cela un aspetto per taluni inquietante. Il clown deve far ridere a tutti i costi, grandi e bambini. Ridere per la loro goffaggine, per gli scherzi che fanno tra loro e talvolta al pubblico, ridere per dimenticare o per nascondere la tristezza, esorcizzandola in motti e lazzi spesso muti, come muto è il dolore che a volte nascondono.

Se It ha ingigantito questa strana avversione per il clown verrebbe da chiedersi perché la loro maschera triste può spaventare. Forse perché è il riflesso delle nostre paure e delle nostre delusioni e forse perché non riusciamo a ridere sulle nostre piccole o grandi disgrazie quotidiane. Mi viene in mente quello che scriveva Pasolini nel testo musicato da Modugno Che cosa sono le nuvole:

“Il derubato che sorride ruba qualcosa al ladro ma il derubato che piange ruba qualcosa a se stesso.”

Ecco forse aver paura dei clown è rubarsi un attimo di imprendibile felicità.