Diario russo di Anna Politovskaja, Edizioni Adelphi
Anna Politovskaja è una giornalista russa, assassinata il 7 ottobre 2006. In questo libro riporta quel che accade in Russia tra il 2003 e il 2005. È un periodo difficile con la strage del teatro Dubrovka, con quella della scuola di Beslan e di tanti altri piccoli attentati, con le guerre nel Caucaso sempre più sanguinose.
La giornalista cerca di capire cosa non funzioni nella società russa e come si sia arrivati a questo punto. Sotto accusa ci sono due imputati, il primo è Putin con la sua gestione del potere assolutista e dall’altra però c’è l’intera società russa, intelligencija compresa. I riflettori si accendono su un intero popolo malato di inerzia, dove solo piccoli e sparuti gruppi osano intraprendere manifestazioni di protesta. E anche gli intellettuali e l’opposizione sono amorfi, poco inclini a prendere posizione contro chi è al potere e spesso troppo pronti invece a inchinarsi.
Una visione critica
La critica della Politovskaja a Putin e al suo governo è spietata e d’altro canto però è sin troppo indulgente nei confronti dei cosiddetti riformisti, che hanno spinto il popolo russo nella miseria e che hanno consegnato il paese in mano agli oligarchi. Non mi convince inoltre la sua idea di oligarchi buoni e oligarchi cattivi.
Purtroppo El’cin, Čubais e Gaidar hanno scientemente distrutto il lavoro di Gorbaciov e spartito le immense risorse dell’Urss a una manciata di sodali diventati all’improvviso ricchi da un giorno all’altro. Con la scusa di entrare nel meraviglioso capitalismo occidentale hanno affidato a un manipolo di criminali tutte le risorse energetiche, industriali e minerarie dell’Urss. Perché poi se andiamo a vedere chi sono i cosiddetti oligarchi, basta anche una semplice e superficiale occhiata a Wikipedia, vediamo che sono per lo più ammanigliati con mafie di svariati paesi occidentali. L’Occidente ha caldeggiato e festeggiato la morte dell’Urss e subito ha preso parte alla spoliazione del cadavere assieme ai clan mafiosi e a dubbi personaggi appartenenti al mondo della finanza.
Democrazia interrotta
La Politovskaja comprende che la causa primaria che ha portato all’impoverimento dell’intera società russa e all’arricchimento di pochissimi è El’cin con il suo entourage. Eppure sembra non comprendere che El’cin è stato una marionetta dell’Occidente che non vedeva l’ora di sostituirlo a Gorbaciov, il socialista dal volto umano e come tale pericolosissimo per il pensiero a una dimensione occidentale.
La fine del gorbaciovismo ha segnato la fine dell’Urss prima e la nascita, già fallimentare, della Russia. Fallimentare da un punto di vista sia economico che politico. Economico perché la ricchezza è diventata appannaggio di pochi e nessuna seria riforma è stata fatta per creare una solida base alla crescita uniforme del paese. Politica perché il percorso verso la democrazia che Gorbaciov con fatica stava intraprendendo è stato brutalmente interrotto.
Quel che resta sono macerie e la considerazione, della stessa Politovskaja, che i russi sono in eterna attesa di uno zar che imponga loro dall’alto le riforme e indichi loro la via da seguire. Difficile però che uno zar imponga riforme volte al bene del popolo…
“Siamo fatti così. Sappiamo per cosa si deve lottare, ma non abbiamo la tenacia per farlo. Siamo inerti e apatici, le braccia ci cadono ancor prima di averle alzate. Passiamo la vita ad aspettare che quel che vogliamo ci piova dall’alto.”
Ma l’inerzia del popolo russo non è poi così diversa da quella di tanti popoli dell’Occidente “libero e democratico”. Basterebbe leggere tra le righe e in un tragico gioco di specchi tra i volti dei cittadini traditi potremmo scorgere anche i nostri.