Il piede destro di Byron di Alberto Toso Fei, Marsilio editore
Alessandro Nicòli, con l’accento sulla “o”, come il plurale di Nicola, è un giornalista di mezza età in pensione. Le sue giornate scorrono tranquille tra gite in sàndalo in laguna, passeggiate con la morosa e incontri con amici a teatro o in qualche bar ancora frequentato dai pochi Veneziani rimasti. E proprio durante una sua escursione lagunare con la morosa Marina fa una strana scoperta. Mentre accosta la barca all’isoletta di San Giacomo in Paludo vede un oggetto che luccica sul fondale. Si china per raccoglierlo ma qualcosa lo distoglie, come delle voci lontane, delle risate. La moneta ha qualcosa di insolito, dorata, con l’effigie di re Giorgio III e la data 1817 da un lato e un San Giorgio che uccide il drago dall’altra. Ma le stranezze non finiscono. Inoltrandosi nell’isola entrano in una cappella e in una nicchia nascosta Nicoli trova la testa di una statua di un angioletto. Quell’isola per Alessandro porta ricordi di un triste passato, di quando durante una gita in barca con amici furono sorpresi da un fortunale ed Eliana, la ragazza di cui era innamorato, morì in un incidente. La notte Nicoli fa strani sogni che sembrano volergli comunicare un messaggio. Decide di tornare all’isoletta e questa volta nella nicchia scoprirà un teschio. Come se non bastasse su quella stessa isola viene rinvenuto il corpo di un frate benedettino scomparso da alcuni giorni dal convento di San Giorgio Maggiore. Ce n’è di che stuzzicare la curiosità dell’ex giornalista che si troverà invischiato in una bizzarra avventura dove realtà e leggenda si confondono. Il frate assassinato infatti si interessava del Cronovisore, un apparecchio in grado di visualizzare il passato. Citazioni di Byron fanno da filo rosso alla ricerca dell’assassino e condurranno Alessandro fino a Roma per trovare elementi chiave alla risoluzione del mistero.
Tra sogno e realtà
In bilico tra sogno e realtà il romanzo si legge velocemente. La scrittura è fluida e piacevole, arricchita da frasi in dialetto e aneddoti della storia millenaria della città che Alberto Toso Fei ben conosce.
L’atmosfera onirica e misteriosa che pervade la narrazione ricorda, per certi versi, quella de Il segno del Comando, il mitico sceneggiato degli anni ’70 con Ugo Pagliai.
I personaggi spiccano per la loro gestualità e per i tipici intercalari locali. Venezia è finalmente descritta con attenzione e precisione senza incorrere in errori grossolani presenti nei libri (ne avrei una lunga lista…) di molti autori che della città hanno solo una vaga idea. Il testo invece trasuda di autentica passione e di conoscenza viva. Storia ed esperienza decennale si fondono gradevolmente nel testo senza cadere nell’infodump.
Un libro da consigliare ai foresti che desiderano avere un assaggio di Venezia, tra Storia, curiosità, lingua e tradizioni, nonché a Veneziani che vogliano ritrovare il sapore del loro antico centro.