Le segnatrici di Emanuela Valentini, Piemme edizioni
Sara Romani è un chirurgo oncologico e lavora a Bologna. Le sue origini si perdono sull’Appennino emiliano, nella piccola Borgo Cardo, dove vive ancora la sua amata nonna. Il passato improvvisamente ritorna quando vengono rinvenuti i resti di Claudia, una bambina scomparsa ventidue anni prima. Claudia era una sua amica di infanzia e la sua sparizione aveva pesantemente segnato l’esistenza di Sara, tanto da non voler più rivedere il Borgo. Sara però decide di tornare al paese per le esequie, e così ritrova i compagni di giochi di un tempo, come Emilia e Marco, e incontra la piccola Rebecca, figlia del sindaco. La bambina poco dopo scompare misteriosamente e Sara ritiene doveroso prendersi una vacanza e indagare per scoprire chi c’è dietro alla sparizione delle bambine ieri come oggi. Al suo fianco troverà l’amica d’infanzia Emilia, che nel frattempo è diventata poliziotta. Nelle sue ricerche viene a sapere che nel corso degli anni sono state più d’una le bambine e le adolescenti di cui non si è saputo più nulla e quel che accomuna le giovani scomparse era l’essere tutte segnatrici. Segnatrice è il termine che indica una sorta di guaritrice le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Attraverso gesti delle mani, invocazioni magiche ed erbe le segnatrici, secondo la tradizione, hanno il potere di curare i mali del corpo e dell’anima. Nelle sue indagini Sara dovrà scontrarsi con gli abitanti del paese che non collaborano, perché la ritengono ormai una straniera e Sara dovrà lottare e mettere a rischio la propria vita per trovare l’oscuro bandolo della matassa.
Personaggi e movente
Il libro ha uno stile scorrevole e le atmosfere del borgo sono ben descritte. Quel che non convince del tutto è il movente dell’assassino, individuabile come colpevole già dalla sua prima apparizione. La scena clou del finale con le ultime rivelazioni suscita inoltre qualche perplessità generale. Nella narrazione diversi elementi appaiono poco verosimili come la storia d’amore tra Rachele e Marco. La costruzione dei personaggi risente del cliché modaiolo LGBT con l’improvviso, ma non troppo, colpo di fulmine tra le due protagoniste. E sempre nell’ambito degli stereotipi rientra la figura di Rachele, una sorta di Ofelia silvana che con la sua pazzia fa luce sul mistero, anzi è essa stessa la chiave del mistero. E altrettanto si può dire per il piccolo Giacomo, figlio di Rachele e Marco, che inizialmente sembra avere poteri soprannaturali e inquietanti, come in ogni thriller/horror che si rispetti. Le indagini sono tutte in mano a Sara, Emilia svolge un ruolo da comprimaria ma non può investigare in prima persona perché sospesa momentaneamente dal servizio. Pressoché ininfluente l’azione dell’ispettore Marchi che si limita a constatare il risultato delle ricerche di Sara. Le false piste si rincorrono fino all’ultimo per allontanare il lettore dalla risoluzione del mistero e, naturalmente, i più sospettati non sono i responsabili.