L’ereditiera veneziana di Fulvio Tomizza, Bompiani editore
L’economista e studioso istriano Gianrinaldo Carli, a fine Settecento, scrive un breve libro sulla moglie Paolina Rubbi, morta a soli venticinque anni. Nel libro, di cui esistono rare copie, si legge un accurato ritratto della giovane donna. Apprendiamo della triste sorte che si abbatte sulla sua famiglia dove la tisi in pochi anni è responsabile della morte dei genitori e di sei dei suoi fratelli. Restano in vita lei e due delle sorelle minori, ma in breve tempo anche una delle sorelle muore e sopravvivono solo Paolina e Benazia. I possedimenti in mano alle giovani sono cospicui, case e beni a Venezia e in terraferma. Per questo si presentano molti pretendenti che ambiscono a mettere le mani su un solido patrimonio. Paolina è una ragazza intelligente e istruita e amministra con saggezza quanto ereditato da lei e le sorelle. Anche per la scelta del marito procede con oculatezza e solo dopo attenta valutazione e dopo aver scartato numerosi pretendenti, cede alle lusinghe del Carli che la corteggia insistentemente sfruttando anche l’espediente di lettere scritte sotto falso nome. L’autore ricostruisce con pazienza la vita di Paolina e la restituisce viva al lettore, con i suoi guizzi ironici, i suoi momenti bui e le sue passioni.
Tra saggio e romanzo
A metà tra il saggio e il romanzo Tomizza scrive un vivace resoconto della vita a Venezia e dintorni nel Settecento. In una città ormai prossima a un’ingloriosa fine, sopravvivono fasti che rispecchiano la mentalità di chi non vuole accettare che la potenza della Serenissima sia in declino, ormai solo la parvenza di quel che fu. Paolina è una donna moderna, il destino ha voluto che diventasse responsabile dei beni della famiglia e delle sorelle e lei si industria a portare avanti il suo compito nel migliore dei modi. I rapporti con l’unica sorella sopravvissuta non sono sempre felici, a causa anche della famiglia del cognato.
Tra Paolina e Gianrinaldo sembra esserci vero affetto anche se una vena di avidità viene messa in luce dall’autore. Rimasto vedovo infatti gestisce il patrimonio ereditato utilizzando anche la parte del figlio avuto con Paolina a cui elargisce solo una minima rendita. Nel complesso la figura di Paolina è tratteggiata a toni chiari, con poche ombre dovute al carattere a volte impulsivo e alla grande responsabilità che si è riversata sulle sue spalle. Quella di Gianrinaldo invece rivela numerosi punti d’ombra. La corte serrata è vera passione o nasconde un tornaconto per le sostanze di Paolina? Il suo atteggiamento interessato e poco caritatevole si vedrà in occasione del secondo matrimonio che finisce malamente con un allontanamento definitivo dalla moglie che viene abbandonata alla propria sorte. Anche nei confronti del figlio non si rivela un particolare affetto e una disposizione d’animo davvero paterna. Ambizione e avidità sembrano le due stelle che orientano l’esistenza di Gianrinaldo associate a presunzione e alta concezione di sé.
Un libro da leggere per dare uno sguardo a vita e costumi a Venezia e in Italia in pieno Settecento.